Comunicato stampa del 26 giugno 2019
Alcuni militanti del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) hanno occupato ieri gli spalti del Gran Consiglio per affiggere uno striscione contro il compromesso partorito dalla commissione formazione e cultura a partire dalla petizione del SISA per il rafforzamento delle borse di studio.
La petizione, ricordiamo, dopo una serie di azioni di protesta promosse sul territorio cantonale, era stata parzialmente accolta dal Consiglio di Stato, il quale aveva alzato il tetto massimo delle borse di studio da 16’000 a 18’000 franchi e ridotto la quota delle borse trasformate in prestiti da 1/3 a 1/10.
Tuttavia il contenuto delle istanze studentesche andava ben oltre le richieste accolte dal Governo: la petizione chiedeva che l’ammontare massimo delle borse di studio raggiungesse i 20’000 franchi e che la possibilità di trasformare le borse di studio per il master in prestiti venisse abrogata. In questo modo si garantiva il rispetto effettivo del diritto allo studio, il quale si distanzia dalla concezione individualista e classista della maggioranza borghese, che già nel 2016 aveva proposto di estendere i prestiti a chi frequenta il bachelor. Offensiva sventata poi dalla nostra minaccia di referendum, sostenuta dalla Gioventù comunista (GC) e Gioventù Socialista (GISO).
Nonostante le chiare richieste e conquiste delle studentesse e degli studenti, solo la rivendicazione di alzare il tetto massimo è stata accolta, mentre il resto non è stato preso in esame. Anzi, la maggioranza borghese ha approfittato dell’occasione per aumentare la quota delle borse trasformate in prestiti (da 1/10 a 1/4), nella speranza che aumentare il tetto massimo delle borse di studio fosse sufficiente per placare i malumori. Così non è stato. Per manifestare il nostro dissenso, alcuni militanti si sono presentati a Bellinzona per assistere ai lavori parlamentari e mostrare ai deputati uno striscione dal titolo: nessun compromesso sul diritto allo studio. Questo slogan vale ancora di più se considerate le condizioni in cui riversano gli studenti e i neo-laureati, i quali per ⅔ sono costretti a lavorare durante gli studi accademici – limitando di fatto la possibilità di dedicarsi completamente agli studi – e, una volta conseguito un diploma, si trovano in estrema difficoltà nella ricerca di un impiego, costretti ad essere rimbalzati da un stage non remunerato all’altro: condizioni che rendono estremamente difficoltoso restituire un prestito e che causano non pochi disturbi sull’individuo, sia durante che dopo gli studi.
Il sindacato studentesco non si sorprende dunque delle logiche che dominano il consesso legislativo ticinese e comprende il desiderio della maggioranza borghese di voler privilegiare i prestiti a scapito delle borse di studio. Per questo motivo il SISA si riserva la possibilità di partire alla controffensiva e si prepara a difendersi contro future lesioni del diritto allo studio: lo faremo a partire dalla figura di Stefano Franscini. Speriamo vivamente che gli insegnamenti dello statista ticinese non siano ascoltati solo da noi: è ora che la formazione non venga minata da logiche classiste e che il diritto allo studio venga finalmente rispettato. La formazione non è un costo sociale, bensì un investimento.