Ricorre quest’oggi il ventesimo anniversario di uno dei momenti fondanti della storia del movimento studentesco ticinese: l’8 febbraio 2001, il Collettivo Studentesco “per una coscienza critica nei confronti del sistema formativo” (da cui un paio di anni dopo nascerà il SISA) scendeva infatti in piazza in difesa della scuola pubblica e laica, messa in pericolo dall’iniziativa popolare che chiedeva allo Stato di finanziare le scuole private confessionali presenti sul suolo cantonale.
Al grido di “Scuole dei preti, scuole private: signori ricchi ve le pagate“, oltre 1500 persone sfilarono per le strade di Bellinzona protestando sia contro l’iniziativa popolare (che prevedeva 10 milioni di finanziamento agli istituti privati) che contro il controprogetto (che ne prevedeva “solo” 5).
Dopo anni di tagli al finanziamento della scuola pubblica, il movimento studentesco contestava la disponibilità verso le scuole private, dietro a cui si mascherava la volontà di estendere lo spazio loro concesso e di dar vita ad un vero e proprio “mercato dell’educazione” nel Canton Ticino: secondo i manifestanti, “spacciando il privilegio di pochi per la libertà di tutti, l’iniziativa e il controprogetto minacciano la qualità di un servizio accessibile a chiunque, senza distinzioni sociali e culturali“.
Dieci giorni dopo, il 18 febbraio 2001, il popolo ticinese rifiutava a larghissima maggioranza i testi di legge proposti dagli ambienti clericali: il 74% dei cittadini votava no all’iniziativa e il 72% respingeva anche il controprogetto. Una vittoria storica che segnò la ripresa dell’attivismo studentesco nelle scuole ticinesi, fino ad allora immerse in una passività che durava da svariati anni: il Collettivo studentesco mantenne viva la mobilitazione in difesa della scuola pubblica e del diritto allo studio, con grandi manifestazioni come quella del 2003 contro i nuovi tagli alla spesa per l’educazione. Da quell’esperienza nacque il nostro Sindacato, che ancora oggi si batte per difendere i diritti degli studenti e degli apprendisti, a partire proprio dalla scuola pubblica, laica ed accessibile a tutti senza distinzione alcuna.
Per ricordare quella straordinaria giornata di mobilitazione studentesca, ripubblichiamo qui di seguito alcuni articoli pubblicati in quei giorni, da cui riemerge la ferma volontà, propria di quella generazione, di combattere per difendere i propri diritti e per determinare da sé il proprio futuro collettivo.
Robin Hood al contrario
di Nicola Barenco
Più di un secolo è passato da quando la scuola è diventata laica e pubblica.
Certa gente però non l’ha mai accettato e continuamente riprova a screditare l’opera di Franscini, cercando legittimazione e …grana per la loro scuola privata. L’insegnamento privato è nel nostro Cantone sinonimo di scuole confessionali cattoliche, le quali indottrinano i propri discepoli, al posto di formare studenti critici che sappiano valutare … il Crocefisso.
Dopo che sono stati tanto impegnati a tagliare risorse alla scuola pubblica: riducendoci le borse di studio, gli assegni familiari, imponendoci una riforma che rende i licei feudi degli interessi dell’economia e contro cui abbiamo manifestato nel 1998; ora ci vengono a dire, senza però ripristinare ciò che hanno tolto, che di soldi, di colpo, ne abbiamo. E sono talmente tanti, che potranno essere investiti non solo per mantenere al livello discutibile attuale la scuola pubblica, quella per tutti, ma pure per regalarne una parte ai ricconi che – poverini – hanno bisogno di sussidi per mandare i loro figli nelle sacrestie!
Bisogna creare un’identità comune a tutti i cittadini di questo cantone: finanziando le scuole private, invece, si “dovrà rappresentare culturalmente il Ticino con una carta a macchie di differenti colori”, come dice bene il presidente dei docenti VPOD Mario Biscossa. Sarà poi impensabile, quindi, trovare vari fattori di aggregazione culturale fra i ticinesi. Un giorno probabilmente non ci saranno solo le scuole degli integralisti cattolici, ma anche quelle di partito, ecc.
E necessario che chi creda nell’istruzione laica (vale a dire nella quale l’insegnamento rispetta e ritiene le confessioni religiose le une uguali alla altre) contesti la decisione presa dal nostro parlamento, appoggiando invece la posizione del Consigliere di Stato Gabriele Gendotti e, verso dicembre, firmando il referendum…
Non dobbiamo, per concludere con l’Associazione per la Scuola Pubblica, accettare che le scuole private pretendano oggi di sottrarre alla scuola dello Stato risorse di cui questa ha più che mai bisogno. Non possiamo assecondare la politica per la quale si favoriscono genitori ricchi che, perlopiù per motivi ideologici, vogliono per i propri figli una scuola particolare che risponda maggiormente alle loro idee…
Diario di una serata speciale
di Massimiliano Ay
Bellinzona, giovedì 8 febbraio 2001. Regaida non stava più nella pelle e a tratti, per combattere il freddo, si vivacizzava più del solito. Iniziava a saltare e obbligava tutti a seguire il suo esempio: “chi non salta è un ciellino!”. E questa – sapete – è una delle più grandi minacce che abbia mai subito!!! Martina, dal canto suo, voleva a tutti i costi il palloncino-propaganda che distribuiva Raoul Ghisletta; e Mattia, intanto, imitava Giuliano appiccicando sull’ombrello gli ultimi volantini per chiamare la gente al corteo.
Verso le 17:30 Regaida prese il megafono cercando di attirare l’attenzione dei presenti, tentando di dirottarli verso la Posta, da dove la manif avrebbe avuto ufficialmente inizio. Nel frattempo, laggiù, la gente accorreva a frotte.
Gli striscioni erano pronti, ma forse un po’ troppo concentrati nella parte anteriore del corteo. Alcuni membri del Collettivo si erano riuniti dentro il furgoncino del sindacato per decidere quali slogan adottare. Doveva essere il famoso ‘scuole dei preti, scuole private, signori ricchi ve le pagate’ ad avere la meglio, ma ebbe molto più successo il forte ‘privatizzare è privare, vaffanculo a chi ci vuol provare’, anche se in Stazione si sentiva soltanto un gruppo della SCC che intonava ‘lotta dura senza paura’, intimorendo qualche ignaro viaggiatore.
Apriva il corteo lo striscione per i 2 no, poi, dietro, a turno, io, Giuliano e Mattia trasportavamo il cartello ufficiale del Collettivo, quello che simbolicamente avrebbe dovuto rappresentare la fine dell’apatia del mondo studentesco. Seguiva Martino, nel furgone, con il microfono sempre azionato, e dietro continuava la lunga fila di persone, allievi, docenti, politici, genitori, amici della scuola pubblica.
In ritardo sono giunti, scesi dai torpedoni in piazza Indipendenza, allievi e docenti dei licei di Mendrisio, Locarno, e Lugano 1 e 2, che ci hanno fatto raggiungere la bella cifra di 1’500 persone e oltre. Si era uniti per una causa comune: salvaguardare l’istruzione pubblica. Si era uniti per salvare l’opera del povero Stefano, la cui immagine è stata usurpata dai manifesti per il Sì. Ma forse, senza volerlo, si era uniti per sputare tutti insieme sui Ristretti ingiuriosi e calunniosi del giornalaccio del popolo indottrinato, esempio di stampa vigliacca e falsa. 1’500 voci si alzavano raggiungendo quelle degli eroi radicali dell’Ottocento, fondatori di quello Stato laico, liberale e democratico, che ancora non è stato digerito dai reazionari uregiatt e dal loro seguito.
Poi in piazza, proprio come nel novembre 1998 (contro i tagli nel settore pubblico), davanti alla solita foca, di fronte al solito palazzo sordo, sotto la solita pioggia che, nonostante gli scongiuri ciellini, sembra quasi abbia incitato la gente a non darla vinta ai ladri che ci vogliono fregare 10 milioni oggi, e molti di più domani. E ha fatto bene l’amico Claudio ad interrompere il suo discorso per sottolineare il coro di ‘ladri, ladri, ladri’ in sottofondo.
I discorsi tenuti da Mirko, membro storico del Collettivo, seguito da Claudio e da Luzia, hanno sottolineato l’anima studentesca della manif. Poche sono state per il Cantone, ultimamente, e per il mondo studentesco soprattutto, le prove di una tale capacità di mobilitazione. Già, poveri privatisti, loro che fanno i moralisti da una parte, e poi, dall’altra, vanno a rubare gli striscioni e i palloni di propaganda avversaria, come successo a Bellinzona e a Lugano: chissà che faccia avranno fatto vedendo i “molinari” (così ci hanno chiamato i giornalisti del vescovo) diventare oltre un migliaio.
Poi, però, alla fine, rifletti: tre mesi di lavoro intenso… ogni domenica alla Casa del Popolo, nella saletta di vetro, con, forse, qualche paglia di troppo, a scrivere, a studiare la situazione e preparare il necessario. Tre mesi che hanno portato ad un successo strepitoso, ma che è finito in quelle due ore emozionanti in cui ognuno di noi si è sentito importante e utile per l’istituzione che rappresentava. Un po’ di nostalgia ti invade. Ma il risultato che uscirà dalle urne il 18 febbraio speriamo ci faccia rendere conto del rischio che abbiamo corso e che abbiamo bloccato, e dell’importanza della nostra piccola azione, quella piccola azione, che è stata – per usare una denominazione da Giornale della Curia – la ‘marcia su Bellinzona’. Alludevano forse ad un avvenimento storico particolare? Forse sì, ma in fascismo – lo ammettiamo con fierezza – sono loro ad averci battuti!
E concludo questa pagina di diario ringraziando – a nome del Collettivo Studentesco Ticinese – tutti i partecipanti che si sono bagnati per la scuola pubblica, e tutti coloro che hanno fatto in modo che la manif potesse avere buon esito. Ma uno sentimento di amicizia personale vada a tutti quelli che disdiranno l’abbonamento all’oscurantismo fatto giornale!