Nel quadro della settimana d’azione nazionale promossa dalla coalizione studentesca Azione_Istruzione ha avuto oggi luogo a Bellinzona un flashmob che ha inscenato il funerale del diritto allo studio, quale protesta contro i tagli alle borse di studio avvenuti negli ultimi anni. Coordinati dal Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA), gli studenti della Scuola cantonale di commercio e del Liceo di Bellinzona si sono mobilitati per combattere le continue misure d’austerità commesse a scapito dell’istruzione e della scuola pubblica.
Le recenti decisioni delle autorità politiche hanno provocato una situazione del tutto inaccettabile per gli studenti ticinesi: a fronte dei 5 milioni di franchi tagliati in soli due anni nelle borse di studio, Governo e Parlamento cantonali hanno ora deciso di regalarne ben 50 ai ricchi e alle aziende in generosi sgravi fiscali. Tutto ciò dimostra come il rigore finanziario ticinese continui ad essere a geometria variabile: le autorità si rivelano ancora una volta forti coi deboli e deboli coi forti.
L’azione di protesta è partita dalla Scuola di cantonale di commercio per poi dirigersi verso il Liceo cantonale e Piazza Governo, dove è stato osservato un minuto di silenzio per il diritto allo studio, ormai da considerarsi morto e sepolto a causa delle continue misure di risparmio. Essa si è concentrata sui tagli agli aiuti allo studio del 2014 e del 2015, contestati dalla petizione del SISA intitolata “Per un rafforzamento delle borse di studio, per un’istruzione più equa per tutte e tutti!” che ha già raccolto oltre un migliaio di firme.
È il momento che le autorità competenti prendano atto del dissenso degli studenti verso queste politiche anti-sociali e rivedano le priorità politiche di questo Cantone: l’istruzione è un investimento per il futuro da valorizzare e a cui andrebbero destinate maggiori risorse, sicuramente non da regalare a chi in questi anni di crisi è addirittura riuscito ad arricchirsi! Se la tendenza in atto dovesse rimanere immutata, le conseguenze sarebbero gravissime: vogliamo davvero un’istruzione “all’americana”, dove solo i più ricchi possono studiare?
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