Rette dei politecnici: verso una svendita del diritto allo studio?

Di questi tempi, pare che per chi frequenta le scuole ticinesi sia proprio impossibile dormire sonni tranquilli. Dopo gli ultimi tagli nella scuola pubblica stabiliti dal Cantone, ora è la Confederazione ad abbattere la scure dei risparmi sulla testa degli studenti, in questo caso dei Politecnici federali. Le rette universitarie, a partire dal 2017, verranno infatti raddoppiate, passando da 1200 a 2400 franchi annui. Una scelta che deriva dalla volontà, in quel di Berna, di tagliare ben 500 milioni di franchi a ricerca e l’educazione, per il biennio 2017-2019. Un caso isolato, o piuttosto una tendenza generalizzata?


In un paese in cui i costi legati all’alloggio, ai mezzi di trasporto e alle casse malati sono in continuo aumento, ma che, parallelamente, vorrebbe (e dovrebbe) fare dell’eccellenza educativa un proprio fiore all’occhiello, si tratta di una misura inspiegabile.Provvedimenti di questo tipo non faranno altro, infatti, che allargare la forbice tra chi potrà effettivamente usufruire del tanto decantato diritto allo studio, e chi no, in una Svizzera che già non brilla particolarmente sotto il profilo delle pari opportunità, data la ben nota incidenza dell’origine sociale degli allievi sulle scelte formative.

La Confederazione stessa si rende così colpevole della svendita dei diritti dei suoi cittadini, andando a frugare nelle tasche delle famiglie per raccogliere qualche spicciolo ed erodendo così ancor di più il (già fragile) diritto ad un’educazione di qualità: un diritto riservato semplicemente a chi… se lo potrà acquistare!L’intento è chiaro: una maggior selezione nelle scuole permette il consolidamento di una società sempre più polarizzata tra una ristretta casta di privilegiati, e un ampio bacino di manodopera a basso costo.Più che un futuro si prospetta un regresso. All’Ottocento.

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