Notiziona: i liberali non vogliono una scuola “equa, inclusiva e di qualità”!

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“Il progetto dipartimentale, sfacciatamente ideologico, deve essere rivisto completamente.”

Bixio Caprara, neo-presidente PLRT (5 febbraio 2017).

Prima di tutto, chiariamo una questione: anche secondo noi “La scuola che verrà” va rivista completamente. Purtroppo però, nutriamo forti dubbi in merito alle reali possibilità di questo progetto di tradursi in una riforma davvero positiva per la nostra scuola.

Da ormai parecchie settimane, la scuola crea fermento in casa liberale: come abbiamo già avuto modo di osservare, il PLR sta cominciando a scoprire le proprie intenzioni in merito alle imminenti riforme scolastiche. Sono infatti numerosi gli esponenti dell’ex-partitone che hanno espresso pareri particolarmente critici nei confronti del progetto presentato da Bertoli nell’ormai lontano 2014.

In vista del congresso del partito, svoltosi la scorsa domenica, hanno iniziato a moltiplicarsi gli “sbottonamenti” sul tema, con il presidente GLRT Alessandro Spano a rompere il ghiaccio.

E subito emergono i veri punti critici per i liberali:

“Manca un forte legame tra la scuola è il mondo del lavoro.”

“Il costo stimato per l’introduzione della riforma di 32 milioni di franchi appare sottostimato.”

E non manca certamente Maristella Polli, veterana della Commissione scolastica del Gran Consiglio, per rincarare la dose:

La scuola che verrà propone diversi interventi di difficile attuazione, possibili solo con grossi investimenti di gestione corrente e logistici.”

“E si caricano i docenti di compiti impossibili in materia di valutazione e di differenziazione se non concedendo loro sensibili riduzioni dell’onere di lezione per svolgere questi compiti, il cui effetto sono maggiori oneri finanziari.”

In sintesi, secondo i liberali ticinesi il progetto del DECS non sarebbe adeguato perché troppo dispendioso e non sufficientemente asservito alle esigenze del padronato nostrano.

Ancora una volta, investire nell’istruzione non sembra essere un’opzione per il partito che fu del Franscini. Occorre invece, secondo i più recenti dettami delle istituzioni europee e del capitale globale, ridurre le spese e legare a doppio filo il mondo della scuola a quello dell’impresa.

Nulla di più facile che riciclare (e rafforzare…?) gli unici elementi “validi” della riforma fortemente voluta da Bertoli: autonomia finanziaria e amministrativa delle scuole (a quando l’apertura alle “donazioni” del privato?), aziendalizzazione delle direzioni scolastiche (con funzionari che assumeranno progressivamente il ruolo di “manager”, chiamati a gestire investimenti, forza lavoro – un tempo noti come docenti – e simili), “cartelle dell’allievo” (o dettagliati rapporti personali da trasmettere a potenziali datori di lavoro?), piani di studio fondati sull’approccio per competenze (o sul rimpiazzo dei saperi con le abilità pratiche?), ecc.

Per completare l’opera, sarà poi sufficiente sopprimere le misure che, per dirla con le parole del neo-presidente, mirano unicamente ad un “testardo egualitarismo”, quali il rimpiazzo dei livelli A e B o la revisione dell’odioso sistema di “medie d’entrata” per l’accesso alle scuole superiori (in realtà già fortemente ridimensionata dal secondo rapporto del DECS). E non si può dire che i liberali, grazie anche al già scontato supporto del resto della destra, non abbiano i numeri per procedere su questa strada.

Se qualcuno credeva ancora (ingenuamente) che il PLR avrebbe sostenuto la scuola “equa, inclusiva e di qualità” che Bertoli afferma di voler promuovere, pare proprio che debba ricredersi. La verità è che a “sinistra” si è ancora voluto sperimentare le ricette della destra, convinti che dando loro una spolverata di retorica progressista si potesse modificarne la sostanza.

Purtroppo però, a giocare col fuoco si rischia di scottarsi (o, come in questo caso, di incendiare tutta la baracca): il dado fortunatamente non è ancora tratto e ci auguriamo vivamente che a sinistra (specialmente tra chi fino a qualche tempo fa si dichiarava “entusiasta” delle intenzioni di Bertoli…) si inizi a riflettere a fondo sui seri rischi che questa riforma porta con sé (come faremo noi sabato prossimo…).

“La scuola, che sarà?”

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