Il comitato centrale del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA), riunitosi sabato 25 gennaio a Bellinzona, oltre ad aver fatto il punto sulla campagna contro la nuova griglia oraria attualmente in corso nei licei ticinesi, si è anche chinato sui temi in votazione il prossimo 9 febbraio. Ad attirare l’attenzione dell’esecutivo sindacale è stato in particolare il referendum obbligatorio concernente l’introduzione nella costituzione cantonale del principio di sussidiarietà. Benché quasi assente dal dibattito pubblico di queste settimane, la votazione su questa modifica costituzionale è tutt’altro che di poco conto e una sua approvazione aprirebbe degli scenari decisamente preoccupanti.
Introducendo nella costituzione il principio di sussidiarietà (secondo il quale lo Stato dovrebbe erogare dei servizi solo qualora i privati o gli enti locali non siano in grado di farlo al suo posto), si rischia infatti una seria rimessa in discussione dei servizi pubblici attualmente forniti dall’ente pubblico, la cui privatizzazione godrebbe di una nuova e più ampia giustificazione. Applicando rigidamente il principio di sussidiarietà, potremmo ad esempio chiederci a che serva avere ancora delle scuole pubbliche, se esistono delle scuole private che dimostrano come il mercato sappia già rispondere alla domanda d’istruzione della popolazione. Non a caso, ricordiamo come la proposta di adottare il principio costituzionale giunga proprio dal deputato ultraliberista Sergio Morisoli, il cui costante impegno in favore dello smantellamento della scuola pubblica è ampiamente noto. Anche senza ipotizzare scenari così gravi come la privatizzazione del sistema educativo, appare del tutto evidente come varie conquiste del movimento studentesco potrebbero essere facilmente rimesse in discussione: le mense scolastiche, ricantonalizzate nel 2011 dopo una lunga battaglia condotta dal SISA, potrebbero ad esempio ritornare nelle mani dei privati (chi ha vissuto la pessima qualità e gli elevati prezzi dei pasti forniti a suo tempo dalla Comida sa cosa questo possa significare per gli studenti ticinesi).
Ma l’introduzione della sussidiarietà nella costituzione potrebbe provocare anche nuovi attacchi alle prestazioni sociali erogate dallo Stato: secondo tale principio, devono essere in primis i cittadini a soddisfare i propri bisogni e solo qualora non fossero in grado di farlo dovrebbe subentrare lo Stato in loro sostegno. Al di là del fatto che il dumping salariale, il precariato e la povertà dilaganti rendono sempre più difficile “vivere del proprio lavoro” senza nessun aiuto pubblico, ciò significherebbe che lo Stato smetterebbe di fungere da garante dei diritti sociali dei cittadini (quali il diritto allo studio, alla salute, all’alloggio, ecc.), ormai ridotto a semplice “assistente” da far intervenire nei casi più disperati. È certamente vero che tutto dipende da dove viene fissata l’asticella, ovvero da quando si considerano insufficienti le risorse proprie del cittadino, e tuttavia l’esperienza non può certo confortare in questo senso: se osserviamo dove il principio di sussidiarietà viene già oggi applicato, è facile notare come le prestazioni sociali siano state spesso oggetto di pesanti attacchi negli ultimi anni. Un esempio ben noto è quello delle borse di studio: tanto l’accordo intercantonale cui il Ticino aderisce dal 2011 quanto la Legge sugli aiuti allo studio del 2015 si basano sul principio della sussidiarietà, e ciò non ha affatto impedito a governo e parlamento di approvare negli scorsi anni numerosi tagli che hanno colpito duramente numerosi studenti e famiglie ticinesi. Solo le dure battaglie condotte dal sindacato studentesco hanno permesso di invertire la rotta e di rinunciare ad almeno alcune delle misure di risparmio che avevano fortemente indebolito il diritto allo studio.
Il principio di sussidiarietà, che a prima vista potrebbe apparire come perfettamente legittimo, non è quindi altro che un astuto strumento elaborato dai nemici del servizio pubblico per giustificarne lo smantellamento e indebolire il ruolo dello Stato nella tutela dei diritti dei cittadini. Il SISA, da sempre in prima linea in difesa della scuola pubblica e del diritto allo studio, si oppone quindi fermamente a questa modifica costituzionale e invita tutte/i le/i cittadine/i a votare un secco NO alla modifica costituzionale il prossimo 9 febbraio.