Il GAS spinge Bertoli verso la scuola-azienda: è ora di cambiare paradigma

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Che una parte della sinistra fosse completamente allo sbando sul tema delle riforme scolastiche si era ormai già capito da parecchio tempo, come abbiamo avuto modo di sottolineare anche noi a più riprese.

Purtroppo però, non sembra esservi un limite alle prodezze delle frange “intellettuali” ultra-liberal che orbitano attorno (e all’interno) del PS Ticino. Se già il progetto di riforma così come presentato dal DECS pone seri problemi a livello di finalità e metodi (incredibilmente vicini a quelli proposti dalla destra neo-liberale in tutto il resto del continente europeo), i grandi pedagoghi del GAS (acronimo di Gente che Accende la Società) si sono spinti ben oltre, come si può leggere in questa intervista al consigliere di Stato Manuele Bertoli.

Sono due i dati più preoccupanti che emergono da una lettura disincantata di questo articolo.

In primo luogo, vediamo all’opera un movimento che preme con forza per una svolta ancora più a destra nella posizione del PS riguardo al tema dell’istruzione. Le domande dell’intervistatore (che avevamo già visto cimentarsi in spericolati rimproveri al ministro socialista, dal quale si aspetta maggiore attenzione alle esigenze del padronato e del mercato del lavoro), oltre ad essere condite da una retorica degna dei maggiori gremi foraggiati dal capitale globale (dove avete mai sentito parlare di “figure altamente skillate“?), spingono l’Onorevole a confrontarsi con proposte che rasentano quelle del tandem iper-liberista Morisoli/Pamini: insegnamento della programmazione dalle elementari, coinvolgimento attivo degli imprenditori nell’attività scolastica, educazione al culto della globalizzazione economica, ecc. L’intento è evidentemente quello di trascinare Bertoli verso una dimensione squisitamente mercantile delle riforme scolastiche, e il risultato non lascia ben sperare.

In secondo luogo, osserviamo infatti come il ministro cerchi disperatamente di districarsi dalla trappola ideologica che lui stesso ha contribuito a creare nel corso degli anni, travisando completamente il ruolo della sinistra nel nostro panorama politico. In una prova di equilibrismo senza precedenti, Bertoli cerca di soddisfare sia i pensatori liberal che auspicano una maggiore aziendalizzazione del sistema scolastico ticinese, sia quella generazione di docenti progressisti che ha trascorso la propria vita professionale nel solco dei principi di equità e inclusività sanciti dall’istituzione della scuola media unica. Tuttavia, con questo esercizio Bertoli non fa altro che confondere ulteriormente le acque, senza schierarsi esplicitamente da una parte o dall’altra (e, ve lo assicuriamo, le due visioni non possono essere in nessun modo compatibili) e lasciando presagire il peggio in vista della discussione parlamentare sul progetto “La scuola che verrà”.

Se possiamo forse ancora sperare in qualche tardiva defezione all’interno del gruppo socialista, non possiamo concederci il lusso dell’illusione: i rapporti di forza attuali permetteranno infatti alla destra borghese di premere con forza sull’acceleratore e di dare slancio ad un processo di riforma scolastica che dia maggiore spazio alle direttive del padronato e alla conservazione sociale. Impresa tutt’altro che complessa, dato che ci hanno già pensato i deputati di AreaLiberale a colmare le “lacune” del progetto originale, con l’iniziativa parlamentare “La scuola che vogliamo”.

In poche parole, la frittata è fatta: la “sinistra” al governo ha presentato un progetto essenzialmente di destra, e lo scombussolamento ideologico interno ad essa (avviato e alimentato da esperimenti come Incontro Democratico) impedisce ogni tipo di reazione critica a ciò che potrebbe trasformarsi nell’inizio della fine della scuola pubblica in Ticino.

Non nutriamo grandi speranze circa le possibilità di invertire questo processo, ma ci auguriamo di cuore che a sinistra si riesca a comprendere su chi riposano le responsabilità di questo disastro e che ci si riorienti velocemente verso una proposta politica alternativa e di rottura con queste “pasticciate” ormai insostenibili. La nostra scuola (ma non solo) ne ha più che mai bisogno.

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