Il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) ha preso atto con grande preoccupazione dei dati emersi dallo studio recentemente condotto dall’Ufficio federale di statistica (UST) concernente l’integrazione nel mercato del lavoro dei titolari di un diploma di formazione professionale. Dopo gli sconcertanti dati dello scorso febbraio circa la situazione dei giovani in assistenza, il risultato di quest’ultima indagine mostra infatti una nuova faccia della grave crisi sociale e occupazionale cui sono confrontati molti giovani ticinesi.
Dall’analisi longitudinale effettuata dall’UST sul percorso dei titolari di un titolo del grado secondario II dal 2012 al 2015 emerge una situazione estremamente critica per quanto concerne le opportunità professionali dei neo-diplomati in Ticino: ad un certo momento nell’arco dei 30 mesi successivi all’ottenimento del diploma, ben il 38% di questi ultimi si è iscritto alla disoccupazione (nella Svizzera tedesca questo dato ammonta a solo il 17%). Inoltre, i giovani della Svizzera italiana mostrano dei periodi più lunghi d’iscrizione alla disoccupazione (il 10% vi ha passato tra i 7 e i 30 mesi, contro il 2% della Svizzera tedesca) o d’inattività (il 43% vi ha passato tra i 7 e i 30 mesi, contro il 22% della Svizzera tedesca), situandosi nella categoria dei NEET (dall’inglese “Not in employement, education or training”).
A fronte di questa grave crisi occupazionale a livello giovanile, le risposte da parte della politica e dell’amministrazione pubblica stentano purtroppo ad arrivare: intervistato dalla RSI, il direttore della Divisione della formazione professionale Mauro Colombo ha nuovamente minimizzato la portata del problema, sostenendo che il risultato sia “estremamente positivo” dato che “4 giovani su 5 trovano comunque uno sbocco professionale o di studio”. E degli altri chi se ne occupa? È davvero “estremamente positivo” che in soli 30 mesi dall’ottenimento del diploma ben il 38% dei giovani debba far ricorso alla disoccupazione?
Per il SISA, il cui appello a rispondere all’emergenza dei giovani in assistenza è purtroppo caduto nel vuoto, è venuto il momento di affrontare con serietà le problematiche occupazionali dei giovani ticinesi, dando delle risposte concrete (e non limitandosi a dei vani appelli ad una fantomatica “responsabilità sociale” delle imprese) ad una crisi sociale che non accenna ad attenuarsi. In questo senso, riteniamo fondamentale:
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dare mandato all’Ufficio cantonale di statistica affinché realizzi un’indagine ad ampio spettro sull’ampiezza e sulle cause della disoccupazione, della sottoccupazione e del precariato giovanili in Ticino, prestando particolare attenzione alla transizione dal mondo scolastico a quello professionale;
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studiare l’introduzione di un servizio pubblico di consulenza e di aiuto al collocamento dei neo-diplomati, sul modello del Gruppo operativo preposto al collocamento dei giovani in cerca d’apprendistato;
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estendere e rafforzare le misure a sostegno dei giovani disoccupati previste dalla Legge sul rilancio dell’occupazione (incentivi all’assunzione, assegni di formazione, indennità straordinarie di disoccupazione, ecc.);
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creare nuova opportunità professionali per i giovani ticinesi, contrastando il fenomeno del dumping salariale con il salario minimo dignitoso richiesto dal popolo nel 2015 e implementando una reale politica di pianificazione pubblica dello sviluppo economico cantonale.