La notizia della demolizione della Casetta-ex Zoni è giunta stamattina: ben corredata dagli scatti dei giornalisti, accorsi a fotografare il tanto agognato momento, che l’amministrazione cittadina attendeva di poter celebrare da anni.
Cala dunque la parola fine, una volta per tutte, sulla storia – breve, ma intensa – di un piccolo edificio, attorno al quale si erano intrecciate le vicende di molti giovani della regione, animati dall’idea di dare vita ad uno spazio ricreativo fuori dagli schemi.
Manifestazioni, attività, migliaia di firme raccolte dai giovani stessi, risoluzioni, che il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) ha promosso senza sosta: segni tangibili dell’interesse che ancora vigeva attorno a quello stabile e a una sua possibile riapertura a tutta la comunità, non hanno smosso di un millimetro i vertici cittadini, cosiccome le decine di migliaia di franchi dei contribuenti che erano stati investiti per risistemarlo, polverizzati nel giro di qualche ora.
Proprio in un momento storico in cui – con l’avvento di Alp Transit e il processo di aggregazione tra i comuni della regione – si prefigurano le sorti di una nuova, grande Bellinzona, ecco che la stessa si riconferma piccola e puntualmente provinciale. Incapace di recepire i mutamenti sociali, di raccogliere e incoraggiare i segnali del territorio, e di sperimentare alchimie e novità che nei maggiori centri europei sono la regola ormai da decenni. Un divario palese e frustrante, che ogni ticinese ha modo di sperimentare sulla propria pelle ogniqualvolta si avventuri fuori dai confini cantonali.
Bisognerà evidentemente attendere i canonici 15-20 anni che impiegano i cambiamenti a raggiungere il Ticino, che i capoccioni locali avranno pure l’ardire di presentare come delle (loro) novità: il tempo di capire – ça va sans dire – che “o rendéva pusé fa inscì”.