Combattere per il diritto al benessere mentale e contro la stigmatizzazione del malessere psichico! Questo l’obiettivo della campagna del SISA portata avanti da un apposito gruppo di lavoro sindacale. Infatti la cellula tematica di base (CTB) sulla salute mentale, su mandato dell’assemblea generale, ha intrapreso una complessa riflessione sul tema e ha lanciato una campagna che mira a democratizzare ciò che al momento non è altro che un privilegio: il benessere mentale!
Parlarne non basta: lottiamo!
La cellula tematica di base (CTB) si occupa di tutti gli aspetti della campagna, dall’elaborazione di un’analisi sul tema -contenuta nel pamphlet – fino all’organizzazione e alla messa in pratica della lotta. In quanto sindacato di base, per il SISA è fondamentale che qualsiasi persona in formazione che crede nella causa, si metta in gioco in prima persona diventando protagonista della lotta collettiva.
Partecipa anche tu alla cellula tematica, contribuisci alla lotta: gruppo operativo su Whatsapp!
Frequenti una scuola post-obbligatoria oppure terziaria? Probabilmente un gruppo del SISA sta già lavorando sul tema nella tua sede, entra a far parte del gruppo Whatsapp della tua sede: consulta i gruppi di sede attualmente attivi!
Per migliorare la comprensione del problema e quantificarne la diffusione, la cellula ha lanciato un questionario da diffondere nelle scuole. Questo tocca diversi aspetti: in una prima sezione si quantifica il malessere psichico, mentre le restanti cercando di comprenderne le origini e gli interventi che gli studenti necessitano da parte delle autorità.
Come sta la popolazione studentesca?
Tra il mese di gennaio e marzo, il SISA ha raccolto quasi 800 risposte tra la popolazione studentesca del post-obbligo.
I dati raccolti sono agghiaccianti, ma non sorprendono: 1/3 della popolazione studentesca riporta la presenza di sintomi depressivi dal grave al molto grave! Non sorprende siccome il risultato è in linea con quanto affermato, nel novembre 2020, da uno studio patrocinato dall’Università di Basilea – secondo cui 29% dei giovani presenta sintomi depressivi gravi – e uno più recente di UNICEF Svizzera, in cui la stessa percentuale veniva messa in evidenza.
Una realtà contestualizzata dal sindacato studentesco è il ruolo dell’appartenenza di classe. Infatti a soffrire maggiormente sono gli studenti che provengono da una condizione socio-economica sfavorita: il 45% dei partecipanti di questa categoria presenta sintomi depressivi gravi, contro “unicamente” il 28% di coloro che vivono in una situazione maggiormente agiata. La salute mentale dei giovani è una questione di classe! Questo è evidenziato anche da quanto espresso dai partecipanti riguardo ai pensieri suicidi. Infatti, se il 37% dichiara di aver avuto, almeno per alcuni giorni nelle scorse ultime due settimane, dei pensieri suicidari e/o lesionisti, questa percentuale arriva al 46% tra la popolazione proveniente da una condizione socio-economica maggiormente svantaggiata. Se pertanto siamo tutti soggetti allo sviluppo di sintomi depressivi, l’indagine suggerisce che ad esserne maggiormente colpiti siano coloro che si trovano già in una posizione sociale sfavorevole. Insomma, tutti sono vulnerabili, ma ci sono persone che immeritatamente sono maggiormente fragili! Oltre a questo dato, emerge che ad essere maggiormente colpiti da questa condizione depressiva siano le persone che si identificano nel genere femminile oppure che non si identificano in nessuno dei due generi: dato che merita di essere contestualizzato e inserito in un contesto in cui la divisione del lavoro sessuale e ancora fortemente divisa tra sfera produttiva e riproduttiva!
A complemento di questo dato, l’indagine misurava il malessere scolastico, ovvero la maniera con cui la popolazione studentesca vive l’ambiente scolastico e si contrappone alla sua normatività: 6 studenti su 10 affermano di vivere un forte malessere scolastico! Comparando le risposte individuali tra malessere scolastico e sintomi depressivi emerge che le due variabili sono correlate: il malessere scolastico alimenta l’intensità dei sintomi depressivi e/o viceversa. In questi termini, nonostante la questione della depressione è problema maggiore della nostra società neoliberale, in cui domina il culto della performance, il mito della meritocrazia, della competitività, il profondo senso di inadeguatezza individuale, la scuola non può esimersi da prendere le sue responsabilità. Un luogo in cui i giovani passano la maggior parte del loro tempo, in cui sono esposti ad una normatività fortemente influenzata dal mantra concorrenziale della società di mercato, tra rendimento scolastico, categorizzazione e selezione sociale.
Leggi l’intero rapporto:
Comprendere il problema, rivendicare un cambiamento!
Nell’ultimo periodo, l’evoluzione della pandemia e i suoi effetti nefasti sulla psiche delle persone hanno finalmente permesso di tematizzare una questione sanitaria importante: la salute mentale. Il problema tuttavia non è nato con la pandemia, ma era già presente prima che questa permettesse di vederlo in modo manifesto. Infatti la società, il lavoro, la scuola, hanno subito distorsioni tali che l’aumentare della precarietà psicologica è andata di pari passo con la precarietà sociale.
A partire dagli anni ’80, con l’affermazione della catena di creazione del valore a livello globale, le politiche neo-liberali hanno profondamente mutato la struttura delle società occidentali. In questo cambiamento strutturale, la cosiddetta terziarizzazione, la flessibilità, lo smantellamento dei meccanismi di protezione sociale, l’allungamento delle carriere formative e la “de-sincronizzazione” delle tappe di vita hanno mutato la percezione della riuscita personale e la costruzione della propria soggettività. Al contempo, dal profilo socio-culturale, le parole d’ordine come autonomia, performance, competitività, responsabilità e auto-imprenditorialità hanno conquistato un’ampia fetta del registro semantico in diversi campi della vita sociale.
Non è pertanto un caso che è proprio a partire da quegli anni che l’uso dei psicofarmaci si intensifica e diffonde ampiamente. Lo stress generato da questi cambiamenti ha delle ricadute sul corpo studentesco. In un accresciuto clima di competizione sociale dovuto alla destrutturazione dei meccanismi di garanzia dell’occupazione degli ultimi decenni, lo studente sin dalla scuola media sente la pressione della riuscita scolastica, affinché possa trovare un posto sul mercato del lavoro. Fallire a scuola significa fallire nella vita: questo è il ritornello che incoscientemente la popolazione scolastica vive. Le inquietudini sul proprio futuro formativo e professionale e l’impossibilità di proiettarsi positivamente nell’avvenire sono elementi che fortemente influenzano il benessere mentale dello studente. Se a ciò uniamo la precarizzazione delle condizioni di studio e della vita studentesca, la situazione diventa maggiormente problematica e rischia di generare circoli viziosi, tra difficoltà scolastiche, marginalizzazione, assunzione prolungata di psicofarmaci, paralisi sociale e disinvestimento scolastico.