Rabbia, rammarico e vergogna. La lista delle sensazioni che il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) potrebbe stilare in queste ore è decisamente lunga, ma ci limitiamo ad evocarne tre. Tre, quanti sono stati i consiglieri di stato necessari a far pendere l’ago della bilancia a favore dell’espulsione di Arlind.
Un governo fortissimo coi deboli, e debolissimo coi forti, tanto per cambiare. Cinque persone – tra cui fautori della Libertà, devoti credenti, e quant’altro – ma del tutto incapaci di mettere assieme un cuore che sia mezzo. Eppure sarebbe bastata la testa, a fronte di un caso palesemente insensato, consumatosi tra le carte di qualche grigio ufficio del Palazzo delle lor maestà. Si scarseggia anche su quel fronte, pare…
Evidentemente tra le colpe di Arlind vi è quella di non essere un mafioso recante con se del denaro sonante destinato a qualche istituto bancario nostrano, oppure un facoltoso evasore fiscale – categoria, quest’ultima, invece apprezzata dai nostri reggenti.
È soltanto un ragazzo, un lavoratore apprendista: un numerino qualsiasi da scartare dalla lista, come lo sono probabilmente anche sua madre, i suoi amici, la squadra di calcio in cui gioca. Come lo siamo pure noi, evidentemente: non scordiamocelo, soprattutto in questi momenti. Coi tempi che corrono arriverà per tutti, in un modo o nell’altro, il tempo di provarlo sulla propria pelle.
«Ma tu che ci discacci
con una vil menzogna
repubblica borghese
un dì ne avrai vergogna»
Massima solidarietà ad Arlind. Massimo sdegno verso questo governo pusillanime, verso il quale non escludiamo azioni di protesta: «oggi t’accusiamo in faccia all’avvenir».