Il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) prende atto con rammarico della risposta del Consiglio di Stato alla petizione “Pandemia e difficoltà scolastiche: sosteniamo il corpo studentesco”, consegnata lo scorso 30 aprile e corroborata da più di 1000 firme (leggi qui). Il Governo ticinese infatti rifiuta “in blocco” le richieste formulate dal sindacato studentesco, trincerandosi dietro a uno status quo ritenuto accettabile e sostenibile per le studentesse e gli studenti.
Il rifiuto di abrogare il limite di bocciature, oppure la sua sospensione per l’anno scolastico in corso, viene giustificato con l’invito alle direzioni di istituto a derogare al regolamento nei casi eccezionali, ritendendo la misura corretta per riorientare la scelta formativa. Appellandosi ai dati presentati alla fine del primo semestre, il Consiglio di Stato ignora la condizione effettiva del corpo studentesco che non può essere riassunta da qualche cifra e risultato quantitativo. Infatti, la pandemia ha accentuato il regime di pressione che quotidianamente uno studente vive, mettendo in serio rischio il suo benessere psichico e compromettendo un clima favorevole all’apprendimento. Essere confrontati costantemente con la minaccia di esclusione dal proprio ciclo di formazione è un enorme fattore di stress: in uno stato di marcato malessere psichico creatosi nell’ultimo periodo, la situazione non può essere ridimensionata con delle semplici cifre. Insomma, celando la natura classista del limite alle ripetizioni, non si vuole accettare che l’orientamento dei giovani ticinesi non può e non deve passare dall’esclusione!
Sempre secondo il Consiglio di Stato, l’attuale offerta formativa per i corsi di recupero è ritenuta sufficiente: se nelle scuole medie si sono fatti, ciò va riconosciuto, degli importanti passi avanti nell’ampliamento del servizio, nel post-obbligatorio sussiste un buco che, contrariamente da quanto sostenuto dal Governo, non è colmato dagli “sportelli” eterogeneamente organizzati nei vari istituti. Se è vero che è necessario sostenere le esigenze che emergono puntualmente in ogni sede, questo principio non può scavalcare il diritto ad una offerta formativa uguale e indipendente dalla sede frequentata! Il feticcio del Dipartimento d’educazione, della cultura e dello sport (DECS) verso le cifre si dimostra in questa occasione selettivo. Secondo uno studio condotto nel 2017 dalla SUPSI e noto al Dipartimento, uno studente del medio superiore su tre ricorre a lezioni private, con picchi nei primi anni scolastici, di cui una parte consistente dichiara di avere dei disagi legati allo stress (42.6%) e al nervosismo (44.8%) creatosi a scuola: per ovviare alla situazione, uno studente su due ritiene che la scuola dovrebbe offrire lezioni fuori dall’orario scolastico. Insomma, il DECS dimostra di fare capo unicamente ai dati quando gli permette di giustificare una scuola classista e stressante!
Rispetto alla proposta di organizzare una sessione di recupero per gli esami di maturità, la risposta ottenuta è contradditoria: da un lato si fa appello all’incompatibilità legale con l’Ordinanza federale, dall’altro si cita il caso del Canton Vaud, in cui una proposta simile è già realtà! Anche qui, il Governo partendo dalla costatazione quantitativa che gli allievi a bocciare l’ultimo anno sono pochi, sottovaluta la condizione di ansia e stress che gli studenti vivono durante gli esami. Insomma: non ci siamo proprio, “pochi studenti che bocciano” non è uguale a “non c’è bisogno di fare qualcosa”: la vita del corpo studentesco non può essere ridotta ad un semplice calcolo aritmetico!
La situazione è seria e dev’essere affrontata di conseguenza: a dirlo non è solo il sindacato studentesco, ma anche le studentesse e gli studenti che nel corso di quest’anno scolastico hanno manifestato il loro malessere verso l’attuale regolamento ed organizzazione scolastica! L’invito del SISA al Consiglio di Stato è di rivedere la propria decisione: il corpo studentesco non merita di soffrire ed essere ridotto ad una semplice cifra!